Morbillo, incremento dei casi in Europa nel 2024

Morbillo

Nel 2024 sono stati segnalati 35.212 casi di morbillo nei Paesi dell’Unione Europea e dello spazio economico europeo, un dato quasi dieci volte superiore a quello dell’anno precedente, quando i contagi erano stati appena 3.973.

I numeri, contenuti nel nuovo rapporto di sorveglianza dell’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc), confermano che la malattia ha ripreso a circolare in maniera estesa dopo anni di apparente contenimento. Sono stati 23 i decessi, 14 dei quali in bambini con meno di 5 anni.

L’aumento dei casi ha avuto una decisa accelerazione a partire dal 2023, dopo che negli anni della pandemia di Covid-19 si era assistito a una drastica riduzione dei contagi. Le nuove infezioni sono distribuite in gran parte del continente, ma con un focolaio principale: nel balzo in avanti del 2024 gioca un ruolo di primo piano la Romania, dove si è concentrato oltre l’85% dei casi osservati in Ue (30.692). La stessa Romania ha registrato il più alto numero di vittime: 22 dei 23 totali. L’ultimo è stato registrato in Irlanda.

L’Italia si colloca al secondo posto per numero assoluto di contagi, con un incremento che lascia poco spazio all’interpretazione. L’Italia, con 1.057 casi, è il secondo Paese per numero assoluto di contagi, con una crescita di oltre 20 volte rispetto al 2023 quando erano state contate 44 infezioni. Seguono la Germania (638 casi), l’Austria (542) e il Belgio (527).

L’impatto clinico è tutt’altro che trascurabile: quasi l’80% delle persone che ha contratto l’infezione ha avuto bisogno del ricovero e una quota consistente di questi (24.239) è andata incontro a complicanze di diversa gravità. Il morbillo, insomma, non è affatto una malattia innocua, come a volte si è erroneamente pensato.

Il report segnala inoltre che nel 2024 l’epidemiologia del morbillo è tornata alla sua tradizionale stagionalità, con il maggior numero di casi registrati tra febbraio e luglio. I più colpiti restano i più piccoli: il tasso di infezioni più alto è stato registrato nei bambini con meno di 1 anno, seguito dai bambini tra gli 1 e i 4 anni. Un dato allarmante, rafforzato dal fatto che la stragrande maggioranza dei casi ha riguardato soggetti non immunizzati: l’87% delle persone che ha contratto l’infezione non era vaccinata e l’8% era vaccinata con una sola dose.