Nell’ambito di uno studio multicentrico e internazionale, coordinato da un gruppo di docenti e ricercatori dell’Unicusano, è stato predisposto il primo strumento in Italia per misurare il fenomeno del doomscrolling, ovvero il consumo compulsivo di notizie negative sui social. Fenomeno dilagante, soprattutto fra i giovani, e associato a sintomi di ansia, depressione e stress.
Lo studio, che porta la firma di un gruppo di ricercatori italiani guidati dal professor Renato Pisanti e dal dottor Paolo Soraci dell’Unicusano, è stato pubblicato sulla rivista Current Psychology.
Come evidenziato dal professor Pisanti, ordinario di Psicologia Sociale della Comunicazione: “Sta diventando sempre più frequente ricevere una notifica, per poi passare alla lettura di un commento o di un post sui social, e poi di un altro post e/o commento che ne portano un altro, e poi un altro e un altro ancora. Prima di rendersene conto passa del tempo, a volte anche ore, e inizia una spirale di auto percezioni negative e disfunzionali. Si prova ansia, disagio, fatica, tristezza e stress per l’eccessiva stimolazione di notizie”. Il dottor Soraci sottolinea che “il consumo compulsivo di notizie online – principalmente negative – è sempre più riconosciuto come un fattore di rischio per il benessere psicologico arrivando a minare la salute mentale soprattutto delle persone più fragili.”

Protagonisti di questo progetto sono i docenti e ricercatori Renato Pisanti, Paolo Soraci, Ettore D’Aleo e Lorenzo Campedelli del dipartimento EPSICOFORM dell’Unicusano. Insieme a un team internazionale di esperti, hanno validato la versione italiana della doomscrolling Scale (DSS), uno strumento psicometrico che consente di identificare e misurare in modo affidabile l’abitudine al doomscrolling tra gli adulti italiani. Il lavoro scientifico dimostra che questa abitudine non è affatto innocua: i dati raccolti rivelano forti associazioni tra il doomscrolling e livelli elevati di stress, ansia, depressione, insoddisfazione per la vita e uso problematico dei social.
Nella casistica presa in esame, gli studiosi hanno verificato come, in media, ogni persona trascorresse poco meno di tre ore del suo tempo sui social e come all’aumentare dell’età diminuisse il fenomeno.
Lo studio dell’Unicusano diviene oggi un valido e utile strumento per psicologi, medici e ricercatori per valutare l’impatto del comportamento digitale sulla salute mentale e pianificare interventi di prevenzione e trattamento, oltre a iniziative di salute pubblica e alfabetizzazione digitale.
Il lavoro dei ricercatori Unicusano ha riguardato l’intero disegno metodologico dello studio, dalla validazione psicometrica alla definizione dei parametri clinici, fino all’analisi delle implicazioni per la salute mentale. L’importanza di questa ricerca risiede anche nel suo potenziale impatto pratico: la scala ora validata potrà essere utilizzata da psicologi, medici e operatori della salute mentale per diagnosticare con maggiore precisione l’impatto psicologico del consumo digitale eccessivo di notizie negative e per sviluppare interventi terapeutici e campagne di prevenzione mirate.