Diciotto ministri, tra conferme e ritorni eccellenti. Ma piovono critiche da destra e sinistra. Rischio mozioni di sfiducia già all’orizzonte
A un mese dalla nomina del nuovo primo ministro Sébastien Lecornu, la Francia ha finalmente un nuovo esecutivo. Lo ha annunciato l’Eliseo nella serata di domenica 5 ottobre: diciotto i ministri scelti da Emmanuel Macron, tra riconferme, sorprese e un equilibrio politico delicatissimo. Il governo Lecornu, senza maggioranza all’Assemblea nazionale, nasce già con il fiato corto e sotto minaccia di una doppia sfiducia, da destra e da sinistra.
Lecornu, consapevole della fragilità parlamentare, ha chiesto ai suoi ministri di essere “negoziatori” e capaci di trovare compromessi, mentre il Paese si prepara ad affrontare una sessione di bilancio tra le più complesse degli ultimi anni.
Le Maire alle Forze Armate, Lescure all’Economia
La novità che ha fatto più rumore è il ritorno di Bruno Le Maire, storico ministro dell’Economia dal 2017 al 2024, che assume ora la guida delle Forze Armate, succedendo proprio a Lecornu. Un incarico che non passa inosservato, anche per il passato ingombrante di Le Maire, definito da Marine Le Pen “l’uomo dei mille miliardi di debiti”.
All’Economia va invece il macroniano Roland Lescure, a cui spetta il compito non semplice di presentare un bilancio 2026 accettabile per un Parlamento sempre più frammentato. Lescure eredita una situazione finanziaria delicata: un debito pubblico di oltre 3.300 miliardi di euro, pari al 115% del PIL.
La squadra: tra volti noti e qualche sorpresa
Tra i riconfermati figurano Jean-Noël Barrot agli Affari esteri, Gérald Darmanin alla Giustizia, Agnès Pannier-Runacher alla Transizione ecologica e Amélie de Montchalin ai Conti pubblici. Elisabeth Borne, ex premier, va all’Istruzione, mentre Manuel Valls gestirà i Territori d’Oltremare. Rachida Dati, nonostante la sua corsa a sindaca di Parigi e un processo per corruzione previsto nel 2026, resta alla Cultura.
Lecornu ha definito il nuovo esecutivo “una sintesi tra stabilità e rinnovamento”, con un terzo dei ministri che non figuravano nel governo precedente.
Le prime sfide
Il primo banco di prova sarà l’approvazione del bilancio entro la fine dell’anno. Secondo fonti dell’esecutivo, il nuovo premier punterà anche a guidare “grandi progetti di interesse nazionale” su temi strategici come infrastrutture, energia e innovazione. Ma senza una maggioranza, ogni passaggio parlamentare rischia di trasformarsi in una battaglia.
Le reazioni: “Un governo-fotocopia”
Le critiche sono immediate e feroci. Il presidente del Rassemblement National Jordan Bardella lo ha definito “un governo composto dagli ultimi macronisti aggrappati alla zattera della Medusa”. Marine Le Pen rincara: “Un governo identico al precedente, condito dall’uomo che ha portato la Francia alla bancarotta. Patetico”.
Dalla sinistra, Jean-Luc Mélenchon lo liquida come “un corteo di fantasmi”, mentre Boris Vallaud (Partito Socialista) denuncia “l’ostinazione macronista” che immergerebbe ogni giorno “il Paese un po’ più nel caos”.
Anche tra i centristi e i Républicains non mancano malumori. Eric Ciotti, leader del partito, parla di “un affronto ai francesi” e accusa l’esecutivo di “mancanza di visione e discontinuità”.
L’incognita fiducia
Il discorso di politica generale di Lecornu, previsto per martedì pomeriggio, sarà il primo test. I partiti di opposizione – da LFI a RN – valutano già la possibilità di presentare una mozione di sfiducia. In gioco non c’è solo la tenuta del governo, ma l’intero progetto centrista di Macron, che da mesi appare sempre più fragile, stretto tra l’impopolarità interna e le tensioni sociali.
L’appello del premier a una politica del dialogo sarà sufficiente a evitare la paralisi? O sarà solo il preludio a nuove turbolenze parlamentari e istituzionali?