Tra i papabili anche Artime: ha parlato di speranza ai giovani della Calabria

Ángel Fernández Artime

Le porte della Cappella Sistina si sono chiuse. I cardinali elettori si sono riuniti oggi in Vaticano per eleggere il nuovo Pontefice, e il mondo guarda a Roma con il fiato sospeso. La prima fumata è attesa non prima delle 19, ma tra i nomi che circolano con crescente attenzione ce n’è uno che risuona con forza anche in Calabria: è quello del cardinale Ángel Fernández Artime, già rettor maggiore dei Salesiani e figura di riferimento per milioni di fedeli nel mondo. Un nome che incarna una Chiesa dal volto giovane, radicata tra la gente, e oggi più che mai osservata con attenzione.

Un nome che, per chi ha vissuto l’estate 2024 in riva allo Ionio, non suona affatto lontano. Solo pochi mesi fa, Artime era infatti a Bova Marina, in provincia di Reggio Calabria,  ospite d’onore per i 125 anni della presenza salesiana nella cittadina grecanica. E proprio da lì, con parole semplici e potenti, aveva tracciato un orizzonte chiaro per il futuro dei giovani calabresi. La sua presenza è stata sentita come un segno di attenzione concreta verso una terra che chiede ascolto e condivisione.

«Per me è una opportunità di grande emozione – ha raccontato ai nostri microfoni, parlando della visita -. Conoscere Bova Marina e conoscere Bova è stato un dono, un regalo, un gioiello». Un legame autentico, vissuto in mezzo alla gente, tra i giovani, nella casa salesiana dove, come ha ricordato, «eravamo con più di 150 persone: ragazzi, adolescenti, giovani universitari, famiglie. È stato un momento di vero incontro». Non una visita formale, ma un’immersione totale nella realtà locale, fatta di abbracci, strette di mano, ascolto, sguardi che raccontano fiducia e attese.

Negli occhi del successore di Don Bosco il bellissimo tramonto sulla baia di Bova Marina, ed alle sue spalle la Madonna del Mare, patrona della cittadina grecanica protettrice dei pescatori e dei naviganti. E nonostante i 40 gradi ed il caldo torrido, Artime non si è sottratto alle nostre domande ed ha raccontato l’emozione di scoprire questo legame profondo con la Calabria. 

«A Bova Marina mi sento molto a casa. Sono nato in un villaggio sul mare e sono figlio di pescatori, sono andato a mare con mio padre fin da piccolo. So cosa significa stare in mare per due, tre, quattro giorni: è un’esperienza bellissima.
So cosa significa passare la notte in mare, ad esempio alla pesca dei gamberetti. So cosa significa uscire dal porto al tramonto e ritrovarsi in mezzo al mare, per poi tornare all’alba, verso le cinque, e rientrare a casa alle nove o dieci del mattino, pronti a cominciare un nuovo giorno.
So anche cosa significa sentire, come mio padre, di essere sempre nelle mani di Dio. Lui ha vissuto naufragi, eppure aveva questa certezza incrollabile. E so cosa significa avere Maria come madre, come Signora, come Stella del Mare. Tutto questo, che è parte del cuore di questa bella terra di Calabria, lo sento profondamente mio, nella mia carne».

Parole che oggi assumono un peso nuovo, alla luce del conclave. Perché Artime, successore di Don Bosco e primo rettor maggiore dei Salesiani a ricevere la porpora cardinalizia, ha più volte indicato nella Calabria una terra dove «la missione salesiana è viva», ma anche una terra da accompagnare. «Abbiamo lo stesso impegno di sempre: accompagnare queste popolazioni, queste famiglie, questi giovani», dichiarava. È una visione che si traduce in presenza quotidiana, in comunità educanti che offrono un’alternativa alla marginalità.

Non retorica, ma visione. Una visione capace di restituire dignità a una regione che troppo spesso si è sentita ai margini, persino nel racconto ecclesiale. E che invece, attraverso le parole di Artime, si è riscoperta cuore pulsante di una speranza possibile. Una regione che, se valorizzata, può diventare laboratorio ecclesiale e sociale. I salesiani in Calabria sono testimoni di un lavoro silenzioso ma profondissimo, capace di generare comunità, coesione e opportunità.

«Mi permetto di dire – ha spiegato nell’intervista – che la Calabria dovrebbe essere, al mio parere, un punto di partenza per tanti giovani che vanno a formarsi, ma anche un punto di ritorno. Cercando delle opportunità per arricchire questa bellissima terra». Poi l’invito accorato: «Carissimi giovani, non perdete la speranza». Una frase che oggi – nell’attesa di quel segnale di fumo dalla Sistina – risuona come un messaggio al mondo intero. Parole che non si rivolgono solo ai ragazzi calabresi, ma a un’intera generazione in cerca di radici e futuro.

Lo ripeteva anche Papa Francesco, in preparazione al Giubileo del 2025: «La speranza non delude mai». È una frase che Artime ha fatto sua. Non a caso, nel suo saluto a Bova Marina, citava proprio il Santo Padre. Un ponte ideale si crea allora tra la spiritualità salesiana e il sogno di una Chiesa che sappia essere compagna di viaggio, madre e sorella. E se proprio da una terra spesso dimenticata, dalle strade di un piccolo borgo calabrese abbarbicato tra mare e montagna, arrivasse il segno che la Chiesa è pronta a guardare più in basso, per alzare davvero lo sguardo?

Il conclave è iniziato. La Calabria, oggi, non è solo spettatrice. È custode di un’esperienza viva, memoria di un passaggio che ha lasciato tracce profonde. È testimone di una parola che può diventare guida, è parte integrante di una storia che si scrive tra le mura più sacre della cristianità. Qualunque sia il nome che verrà pronunciato dal comignolo della Sistina, un seme è stato piantato qui, tra l’Aspromonte e lo Ionio. E da qui, forse, qualcosa di nuovo può davvero germogliare.

di Silvio Cacciatore