A meno di 48 ore dall’annuncio ufficiale del cessate il fuoco tra India e Pakistan, la situazione lungo la Linea di Controllo in Kashmir torna a farsi incandescente. I due Paesi si scambiano accuse reciproche di violazione della tregua, mettendo a rischio l’accordo raggiunto con la mediazione degli Stati Uniti.
Nuove esplosioni e scambi a fuoco in Kashmir
Fonti locali e giornalisti dell’Afp hanno registrato forti esplosioni a Srinagar, nel Kashmir indiano, dove sono entrati in funzione i sistemi di difesa antiaerea. Nel Kashmir controllato dal Pakistan, due funzionari hanno riferito di scambi intermittenti di colpi d’arma da fuoco tra le forze armate dei due Paesi in almeno tre località lungo il confine.
Scambio di accuse tra Nuova Delhi e Islamabad
La diplomazia indiana ha accusato Islamabad di non rispettare gli impegni presi e ha chiesto «misure appropriate e una gestione responsabile della situazione». Il Pakistan, attraverso il suo ministero degli Esteri, ha respinto ogni accusa e ha ribadito di «mantenere l’impegno a rispettare fedelmente la tregua», definendo il proprio atteggiamento «responsabile e moderato». Islamabad, a sua volta, ha puntato il dito contro Nuova Delhi per presunte violazioni.
Trump rivendica il ruolo degli Stati Uniti
Nonostante l’instabilità, il presidente americano Donald Trump si è detto «orgoglioso» del ruolo svolto dagli Stati Uniti nella mediazione tra India e Pakistan. In un messaggio pubblicato su Truth, ha lodato la leadership di entrambi i governi per «aver avuto la forza e la saggezza» di fermare l’escalation, che avrebbe potuto generare «morte e distruzione»
«Lavorerò con entrambe le Nazioni per vedere se, dopo mille anni, si possa arrivare a una soluzione per la questione del Kashmir. Dio benedica la leadership di India e Pakistan per un lavoro ben fatto», ha dichiarato Trump.
Una tregua fragile in un contesto instabile
La tregua tra India e Pakistan, annunciata come una «decisione eroica», rischia di crollare sotto il peso della sfiducia reciproca e dei persistenti attriti militari. La comunità internazionale continua a monitorare la situazione con apprensione, mentre sul campo i segnali sono tutt’altro che incoraggianti.