Musk stacca la spina all’Ucraina: Starlink spento in piena controffensiva. E ora chi glielo spiega a Kiev?

Elon Musk, seduto sulla torre d’avorio di SpaceX, guardava la guerra ucraina come fosse un videogame. Solo che nel settembre 2022, mentre l’esercito di Kiev avanzava su Kherson a colpi di droni e precisione satellitare, lui fece una mossa che neanche il peggior pacifista da tastiera: ordinò di spegnere Starlink.

Sì, proprio quella rete di satelliti che lui stesso aveva offerto all’Ucraina all’inizio del conflitto per “aiutarla” contro l’invasione russa. Offerta, ma non regalata: perché il patriottismo da miliardario dura quanto un post su X. Secondo una lunga e dettagliata inchiesta firmata da Joey Roulette, Cassell Bryan-Low e Tom Balmforth per Reuters, Musk diede ordine diretto a un ingegnere senior di ridurre la copertura nelle zone strategiche del sud. Traduzione: blackout istantaneo per droni, artiglieria e comunicazioni ucraine.

«Dobbiamo farlo», disse l’ingegnere Michael Nicolls ai colleghi californiani di SpaceX. Ordine eseguito. Terminali spenti. Kiev cieca.

E dove? Proprio su Kherson, gioiello strategico del Mar Nero, e su Beryslav, nodo cruciale per la controffensiva. I droni da ricognizione si spensero all’unisono. Le coordinate per colpire andarono in tilt. Le comunicazioni al fronte rimasero mute. Risultato: i russi si salvarono dal cerchio di fuoco ucraino, almeno per qualche giorno. Poi Kherson è stata liberata lo stesso, certo. Ma qualcuno a Kiev ancora si chiede: quanto sangue è costato quel blackout?

Reuters racconta anche altro: la copertura fu ridotta non solo lì, ma pure in porzioni della provincia di Donetsk. Altri centri nevralgici. Altri blackout mirati. Altri vantaggi per l’orso russo.

La cosa più folle? Musk aveva pubblicamente negato tutto. A marzo, postò su X: «Non faremmo mai una cosa del genere». Peccato che oggi le fonti siano almeno cinque, tutte credibili, tutte interne o vicinissime al campo di battaglia. Non proprio i soliti “ben informati” dei bar di Odessa.

La famiglia Starlink ha sempre avuto il vizio dell’ambiguità. Prima si presenta come salvatore della patria, poi chiude il rubinetto appena le cose si mettono male. C’è un pattern. Musk nel tempo ha flirtato con teorie complottiste, con Putin stesso, e si è atteggiato a guru geopolitico. Ora, con questa inchiesta, la maschera rischia di cadere del tutto.

E i diretti interessati? Muti. Musk non commenta. Michael Nicolls nemmeno. La versione ufficiale resta una sola: “nessuna dichiarazione”.

Intanto l’Europa prende appunti. Gli Stati Uniti si mordono le labbra. E a Kiev la parola “tradimento” comincia a circolare. Perché non si può combattere una guerra con il telecomando in mano a un miliardario suonatissimo, imbottito di ketamina e in vena di giocare a Risiko con i confini dell’Est.

E se questo era il “futuro della guerra”, abbiamo un problema gigantesco.