Prosegue il nostro viaggio nelle aree calde del pianeta. “Geopolitica a gocce” è la rubrica settimanale di LaC News e LaCapitale che racconta il mondo con uno sguardo attento a territori, conflitti, popolazioni e interessi strategici. Dopo aver esplorato il Medio Oriente, ci spostiamo oggi nel cuore dell’Africa, dove il Sahel — una striscia di terra lunga 5.400 km— è diventato il fronte avanzato di tensioni globali, sfide ambientali, golpe militari e nuove sfere d’influenza.
Che cos’è il Sahel e perché è importante
Il Sahel è una vasta zona di transizione tra il deserto del Sahara a nord e le savane dell’Africa subsahariana a sud. Non è un’entità politica, ma un’area geografica e climatica che coinvolge diversi Stati: Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad, Sudan ed Eritrea, fino a lambire la Nigeria e l’Etiopia.
Questa fascia è diventata uno snodo geopolitico cruciale, perché si trova:
- tra Mediterraneo e Golfo di Guinea;
- al centro di rotte migratorie, traffici illeciti e insorgenze jihadiste;
- nel mirino di potenze globali (Russia, Cina, Francia, Turchia, Stati Uniti) che competono per influenza, risorse e alleanze.
Golpe, instabilità e jihadismo
Negli ultimi tre anni, il Sahel è stato scosso da una sequenza impressionante di colpi di Stato militari, che hanno rovesciato governi democratici in Mali (2021), Burkina Faso (2022) e Niger (2023). In tutti questi casi, le nuove giunte hanno adottato una linea anti-occidentale, ponendo fine alle collaborazioni militari con la Francia e avvicinandosi alla Russia, in particolare al gruppo Wagner e alle sue diramazioni africane. Parallelamente, vaste aree del Sahel sono fuori controllo: milizie jihadiste legate ad al-Qaeda e ISIS si contendono il territorio, colpiscono civili, armati e missioni internazionali, e approfittano della fragilità statale e dell’estrema povertà delle popolazioni locali.
Un’area dimenticata ma strategica per l’Europa
Il Sahel è anche una delle principali vie di passaggio per i flussi migratori che, attraverso Libia e Algeria, raggiungono il Mediterraneo. Per questo l’Europa ha tentato, con alterne fortune, di stabilizzare la regione: con missioni militari, fondi di cooperazione e accordi con i governi locali. Tuttavia, il ritiro della Francia e delle truppe occidentali, unito all’avanzata russa e alla crescente sfiducia delle popolazioni locali verso l’Occidente, sta cambiando l’equilibrio. L’Europa rischia di perdere influenza proprio in una delle regioni che più incidono sulla propria sicurezza energetica, migratoria e ambientale.

Clima e risorse: il Sahel al limite
Il Sahel è uno degli epicentri della crisi climatica globale. Le temperature aumentano a una velocità doppia rispetto alla media del pianeta. La desertificazione avanza, i raccolti crollano, l’acqua scarseggia. Milioni di persone vivono sotto la soglia della povertà e intere comunità sono costrette a spostarsi, creando migrazioni interne e nuovi conflitti per l’accesso a risorse vitali. Allo stesso tempo, la regione è ricca di risorse naturali strategiche: oro, uranio (fondamentale per l’energia nucleare), litio e terre rare. Minerali che interessano tutti gli attori globali e che rischiano di alimentare nuove forme di colonizzazione economica.
Russia, Cina, Turchia: il grande gioco africano
La Russia è sempre più presente nel Sahel: attraverso il gruppo Wagner, ora riorganizzato in strutture ufficiali, offre sicurezza alle giunte militari in cambio di accesso alle miniere e influenza politica. La Cina, più silenziosamente, ha costruito infrastrutture, prestato fondi e firmato accordi per sfruttare risorse e aprire mercati. Anche la Turchia di Erdoğan ha rafforzato la propria presenza culturale, militare ed economica, puntando sul soft power religioso e sull’addestramento militare. In questo contesto, l’Occidente appare in ritirata, spesso incapace di proporre alternative credibili.
Un futuro fragile, ma non segnato
Il Sahel non è solo uno spazio di crisi. È anche una regione giovane, viva, con movimenti civili e culturali in fermento. Le città come Bamako, Niamey o Ouagadougou sono centri di produzione musicale, attivismo sociale e dibattito politico. Ma senza stabilità, senza accesso all’istruzione e senza sicurezza, queste potenzialità rischiano di spegnersi. Il futuro del Sahel è incerto. Ma è anche decisivo per l’Africa, per l’Europa e per l’equilibrio globale. Ignorarlo, oggi, è un lusso che non possiamo più permetterci.
Nella prossima puntata di “Geopolitica a gocce”, andremo nell’Indo-Pacifico: dove si gioca la partita del secolo tra Cina, Stati Uniti e democrazie asiatiche. Una regione che sarà il vero baricentro del mondo di domani.