Il tema della giornata mondiale dell’ambiente che si è appena celebrata: “Sconfiggere l’inquinamento da plastica”, ha riportato al centro dell’attenzione uno dei problemi ambientali più urgenti e pervasivi. Ogni anno, secondo le stime dell’ONU, oltre 11 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli ecosistemi acquatici, pari a circa 2.000 camion carichi di rifiuti plastici al giorno. La plastica è presente ovunque: nei mari, nei suoli, nell’aria e persino nei nostri corpi sotto forma di microplastiche.
La campagna 2025 ha sottolineato che, nonostante la gravità del problema, esistono soluzioni concrete e accessibili: ridurre la produzione di plastica monouso, promuovere il riuso, migliorare i sistemi di raccolta e riciclo, e adottare modelli di economia circolare. L’obiettivo è stimolare un cambiamento sistemico che coinvolga governi, imprese e cittadini .
La situazione in Italia: tra criticità e segnali di cambiamento
In Italia, l’inquinamento da plastica rappresenta una sfida significativa. Secondo l’ISPRA, il nostro Paese produce annualmente circa 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, con un tasso di riciclo che, sebbene in crescita, non è ancora sufficiente a contrastare l’accumulo di plastica nell’ambiente .
Tuttavia, si registrano anche segnali positivi: l’adozione di normative più restrittive sull’uso della plastica monouso, l’incremento delle campagne di sensibilizzazione e la crescente attenzione delle imprese verso pratiche più sostenibili. Inoltre, l’Italia partecipa attivamente ai negoziati internazionali per la definizione di un trattato globale volto a porre fine all’inquinamento da plastica, la cui prossima sessione è prevista per agosto 2025 a Ginevra .
Il pianeta sotto stress
Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), le emissioni globali di gas serra non stanno diminuendo al ritmo necessario per contenere l’aumento della temperatura entro 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Anzi, le concentrazioni di CO₂ hanno raggiunto 424 ppm nel 2024, un livello mai registrato negli ultimi 800mila anni. Il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura media globale superiore di 1,45°C rispetto alla media preindustriale. Ondate di calore, incendi record, inondazioni devastanti e siccità estreme si susseguono con frequenza crescente.
A peggiorare il quadro è la perdita di biodiversità. Secondo l’IPBES (la piattaforma intergovernativa sulla biodiversità), un milione di specie animali e vegetali è a rischio estinzione nei prossimi decenni. Il consumo di suolo, la deforestazione, l’inquinamento e l’introduzione di specie aliene invasive sono tra le principali cause.
Le battaglie vinte (e quelle mancate)
A livello globale, qualche progresso è stato fatto. L’Accordo di Parigi del 2015 ha fissato obiettivi vincolanti sul clima e la COP28 di Dubai ha sancito per la prima volta la necessità di un’uscita dai combustibili fossili, anche se senza scadenze vincolanti. La crescita delle energie rinnovabili è un dato incoraggiante: nel 2024, le nuove installazioni di solare ed eolico hanno superato quelle fossili per il secondo anno consecutivo. La Cina, pur restando il principale emettitore mondiale, ha superato i 1.000 GW di capacità eolica e solare installata. L’Europa ha introdotto il Green Deal e meccanismi come il Carbon Border Adjustment Mechanism per ridurre le emissioni.
Tuttavia, le politiche attuali restano insufficienti. Il fondo per le perdite e i danni climatici, annunciato nel 2022 per aiutare i Paesi più vulnerabili, è ancora sottodimensionato. E la transizione ecologica continua a scontrarsi con gli interessi dei colossi fossili: nel 2024, le cinque maggiori compagnie petrolifere hanno registrato profitti per oltre 200 miliardi di dollari, reinvestiti in larga parte in nuove estrazioni.
L’Italia: un Paese in affanno
In Italia, l’ambiente è una delle grandi sfide inevase. Secondo l’ISPRA, le emissioni italiane di gas serra sono calate solo del 2% nel 2023 rispetto al 2022. I settori più critici restano i trasporti (+2% di emissioni) e l’agricoltura. Il consumo di suolo continua a crescere: ogni anno si cementificano circa 2 m² al secondo. L’Italia è tra i Paesi europei con la peggiore qualità dell’aria: nel 2024, Torino, Milano e Padova hanno superato i limiti di PM10 e NO₂ per più di 70 giorni.
Non mancano però segnali positivi. La crescita delle rinnovabili è ripartita dopo anni di stagnazione, trainata dal fotovoltaico. Nel 2024, le fonti rinnovabili hanno coperto circa il 41% della domanda elettrica nazionale. Alcune Regioni stanno investendo nella riforestazione e nel recupero di aree agricole abbandonate. La legge sul consumo di suolo, però, resta ferma da anni in Parlamento, mentre gli investimenti del PNRR destinati alla transizione ecologica procedono a rilento.
Le sfide che ci attendono
Il messaggio è chiaro : non c’è più tempo per la retorica. Le priorità sono molteplici e intrecciate:
- Ripristinare gli ecosistemi degradati: foreste, zone umide, fiumi e aree agricole impoverite devono tornare a vivere. Secondo l’ONU, ogni dollaro investito nella restaurazione ecologica ne restituisce fino a 30 in benefici ambientali ed economici.
- Uscire dai combustibili fossili: la decarbonizzazione dei trasporti, del riscaldamento e dell’industria richiede scelte politiche coraggiose, incentivi coerenti e una strategia nazionale di lungo periodo.
- Ridurre l’inquinamento: dall’aria che respiriamo alle acque marine e dolci, serve un piano serio contro plastica, pesticidi e microinquinanti.
- Educazione e cittadinanza ecologica: il cambiamento culturale è fondamentale. Senza il coinvolgimento attivo di cittadini, imprese e amministrazioni locali, la transizione non avrà radici profonde.
La Giornata dell’Ambiente 2025 si è chiusa con la consapevolezza che il tempo è un bene sempre più scarso. Ma è anche una giornata di speranza. La scienza ci fornisce strumenti e conoscenze, la tecnologia offre soluzioni, la società civile si mobilita. Tocca ora alla politica fare il salto di qualità. Il pianeta può ancora essere salvato. Ma bisogna agire. Adesso.
Intanto sull’ambiente, la minaccia più grave adesso si chiama Trump, il presidente americano tornato alla Casa Bianca è il più grande negazionista delle battaglie contro l’inquinamento. Ma di questo parleremo nella seconda parte.
Raffaele Piccolo