Elkann pronto a dire addio a “La Stampa”: Marchi in pole per l’acquisto, i greci di ANT1 puntano su Repubblica

Enrico Marchi

Un secolo di storia torinese e di potere mediatico sta per archiviarsi con una firma. L’addio degli Agnelli alla carta stampata passa da una parola inglese: closing. È la chiusura della trattativa che porterà La Stampa nelle mani del gruppo NEM (NordEst Multimedia), controllato da Enrico Marchi, imprenditore veneto e presidente di Banca Finint. Manca solo l’offerta vincolante, poi il giornale fondato nel 1867 e per decenni cuore dell’informazione piemontese cambierà definitivamente padrone.

La trattativa, avviata mesi fa, ha superato quasi tutti gli ostacoli. Resta da definire un punto cruciale: la richiesta avanzata da John Elkann di mantenere per almeno due anni la stampa del quotidiano nel centro tipografico del gruppo Exor. È l’ultima clausola prima del passaggio formale di proprietà. Per il resto, la direzione è tracciata: la cordata guidata da Marchi, sostenuta da nomi di peso dell’imprenditoria del Nord-Est, da Carraro a Banzato, da Benedetti del gruppo Danieli alla Confindustria di Udine e Vicenza, è pronta a entrare ufficialmente nel capitale.

Le cifre, come sempre in questi casi, restano riservate. Ma le voci che circolano a Torino parlano di un valore tra i 50 e i 60 milioni di euro, per una testata che oggi registra perdite annuali intorno ai 12 milioni. Marchi, uomo di finanza ma anche di territorio, non è nuovo al settore: NEM è già editrice di alcune testate locali del Nord-Est, nate proprio da una precedente dismissione del gruppo Espresso. L’obiettivo è ricreare un polo editoriale radicato e redditizio, centrato su un’area del Paese che continua a trainare l’economia reale.

Il passaggio de La Stampa a NEM segna una svolta epocale. Non solo perché chiude la stagione del giornalismo “agnelliano”, ma anche perché certifica l’uscita di Exor dal mondo dei media. Il gruppo della famiglia torinese, ormai concentrato su Stellantis, Ferrari, il lusso e le tecnologie, abbandona così un settore che negli ultimi anni ha dato più grattacapi che utili.

E mentre a Torino si prepara la consegna, da Roma arriva un’altra notizia che scuote l’ambiente editoriale. È quella di una possibile trattativa parallela per la cessione del polo radiofonico di Gedi al gruppo greco ANT1, controllato dalla famiglia di armatori Kyriakou. Il colosso ellenico, leader nei settori televisivo e radiofonico in Europa orientale, avrebbe messo gli occhi su Radio Deejay, Radio Capital e m2o, tre marchi simbolo del gruppo Repubblica-Gedi.

Ufficialmente nessuno conferma, ma l’interesse greco sarebbe stato comunicato informalmente anche ad alcuni ambienti istituzionali italiani, vista la rilevanza strategica dell’operazione. ANT1 è presente in Grecia, Cipro, Romania, Polonia, Ungheria e Slovenia: l’obiettivo sarebbe entrare nel mercato radiofonico italiano sfruttando la forza dei brand di Gedi e la loro penetrazione tra i giovani.

Per il gruppo Exor, il combinato disposto delle due operazioni — la cessione de La Stampa e quella delle radio — significherebbe la completa uscita dall’editoria. Una scelta che chiude simbolicamente un cerchio aperto quasi un secolo fa, quando La Stampa rappresentava la voce ufficiale della Torino industriale e del potere Fiat.

A viale Fermi, dove ancora oggi si stampa il giornale, il clima è sospeso tra nostalgia e preoccupazione. I giornalisti attendono di capire le intenzioni del nuovo proprietario, mentre in città si respira la consapevolezza di un cambio d’epoca. La “voce di Torino” diventa veneta, più imprenditoriale e meno istituzionale.

Dal canto suo, Marchi promette continuità editoriale e rispetto per la tradizione del quotidiano. Ma il mercato, con le sue logiche spietate, difficilmente consentirà di mantenere tutto com’è. Il nuovo polo del Nord-Est, forte di quotidiani come Il Piccolo, Il Messaggero Veneto e La Nuova Venezia, punta a sinergie produttive e digitali. La Stampa, in questo scenario, diventa la testata nazionale di riferimento, un brand da rilanciare ma anche da razionalizzare.

Se anche la trattativa greca su Repubblica dovesse andare in porto, il marchio Gedi — erede del Gruppo Espresso di Carlo Caracciolo ed Eugenio Scalfari — si avvierebbe alla scomparsa. Sarebbe la fine di una dinastia editoriale che, dal dopoguerra in poi, ha segnato la storia culturale e politica del Paese.

Così l’editoria italiana cambia volto: meno dinastie, più imprenditori, meno giornali-monumento e più aziende. Un’evoluzione inevitabile, forse, ma anche un salto nel buio per chi ha ancora nel cuore il rumore delle rotative di via Marengo e l’odore dell’inchiostro torinese.