Comincia un nuovo anno scolastico, ma non per tutti allo stesso modo. Circa uno studente su otto nella scuola italiana non ha la cittadinanza italiana: è il dato centrale del nuovo rapporto “Chiamami col mio nome” diffuso oggi da Save the Children. L’organizzazione denuncia le profonde diseguaglianze che colpiscono gli studenti con background migratorio, legate non solo al contesto socioeconomico ma anche all’assenza di riconoscimento giuridico e a pratiche scolastiche che ne penalizzano le scelte educative. Il rischio? Ritardi, dispersione e minori opportunità, anche a parità di talento.
Scuola, studenti senza cittadinanza: dati quadruplicati
Nel 2025, il 12,2% degli studenti italiani – circa 865mila – è privo di cittadinanza, un dato quadruplicato rispetto al 2002. Eppure, secondo Save the Children, la scuola italiana fatica ancora a rispondere alle sfide di inclusione. Il 65% degli studenti senza cittadinanza è nato in Italia, ma solo il 3,9% prosegue gli studi all’università.
Le prime e le seconde generazioni
Tra gli studenti con i migliori risultati alla fine delle medie e in condizione socioeconomica svantaggiata, solo il 48,7% di quelli di prima generazione e il 52,7% di seconda sceglie il liceo, contro il 60,7% dei coetanei italiani. «Il mancato riconoscimento della cittadinanza e un orientamento scolastico penalizzante fanno la differenza», si legge nel rapporto.
L’incidenza di ritardo scolastico tra gli studenti migranti è più che tripla rispetto ai coetanei italiani (26,4% contro 7,9%). La dispersione implicita raggiunge il 22,5% tra i giovani di prima generazione. Anche tra i più bravi, la scelta universitaria è frenata: solo il 64,4% di quelli di seconda generazione prevede di iscriversi, contro il 74,7% degli italiani.
Save the Children: «Valorizzare le identità»
Secondo il think tank Tortuga, il riconoscimento della cittadinanza ai giovani di seconda generazione porta a scelte scolastiche più ambiziose e risultati migliori. «La cittadinanza contribuisce a ridurre il divario – quasi dimezzandolo – e può generare benefici economici fino a 3,4 milioni di euro ogni 100 nuovi cittadini in un decennio», rileva l’analisi.
«Chiamare con il loro nome questi ragazzi e ragazze significa valorizzarli nelle loro identità e dare libero corso alle loro aspirazioni», ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice ricerca di Save the Children. Aggiunge Giorgia D’Errico, direttrice delle Relazioni Istituzionali: «Serve una legge nuova basata sullo ius soli temperato e un Piano nazionale per una scuola davvero inclusiva».
Storie di orientamento negato
Nel dossier, anche testimonianze di studenti con background migratorio. Come Leila, oggi al liceo delle scienze umane, alla quale fu sconsigliato di iscriversi. O come Daniel: «Quel pezzo di carta ti aiuta a sentirti più legato all’Italia». I racconti raccolti rivelano difficoltà nell’accesso al supporto scolastico, orari inaccessibili, discriminazioni implicite nell’orientamento. Ma anche una forte motivazione a proseguire, per sé e per il futuro della propria famiglia.
La scuola è spesso il primo luogo di cittadinanza. Ma senza riconoscimento giuridico e con disuguaglianze sistemiche, l’inclusione resta incompiuta. Il nuovo anno scolastico, per oltre 850mila studenti, comincia in salita.