Settant’anni portati con passo sicuro e con la schiettezza di chi non teme di scuotere il mondo. Papa Leone XIV ha scelto di celebrare il suo compleanno non con un discorso ufficiale o con un’udienza solenne, ma con un’intervista ai quotidiani El Comercio e Crux. Ne è uscito un ritratto vivido, a metà tra confessione personale e manifesto politico, in cui il Pontefice ha intrecciato temi economici, sociali, geopolitici e sportivi. Il tono è quello diretto che lo contraddistingue, capace di alternare la riflessione teologica alle stoccate verso i potenti della Terra, con la naturalezza di chi sente il peso del ruolo ma non smette di rivendicare la propria umanità.
Il passaggio che più ha fatto discutere è quello sul divario economico. «Gli amministratori delegati che sessant’anni fa avrebbero guadagnato da quattro a sei volte in più dei lavoratori, oggi arrivano a guadagnare seicento volte di più. È un abisso che devasta le nostre comunità», ha detto con parole nette. Poi lo sganassone diretto a Elon Musk: «Ho letto la notizia che Musk è destinato a diventare il primo triliardario al mondo. Cosa significa e di cosa si tratta? Se questa è l’unica cosa di valore oggi, allora siamo nei guai». Un’affermazione che va ben oltre il nome del miliardario, trasformandosi in un atto d’accusa contro un modello di società in cui il denaro è misura unica e totalizzante, mentre la dignità delle persone scivola sullo sfondo.
Il Papa, nato negli Stati Uniti ma missionario a lungo in Perù, conosce bene il valore del lavoro e la fatica quotidiana delle famiglie. Non a caso ha scelto di ribadire che la Chiesa deve farsi sentire, ricordando che «il valore umano non coincide con il patrimonio economico». In un mondo in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, il Pontefice alza la voce per richiamare governi e società civile a un’assunzione collettiva di responsabilità.
L’intervista affronta anche un altro nodo cruciale, quello del processo sinodale. Leone XIV mette in chiaro che non va confuso con una trasformazione della Chiesa in un’istituzione politica sul modello parlamentare: «Non si tratta di trasformare la Chiesa in una sorta di governo democratico. Guardiamo alla realtà: la democrazia non è necessariamente una soluzione perfetta per tutto. Si tratta piuttosto di rispettare e comprendere la vita della Chiesa per quello che è, e dire: dobbiamo farlo insieme». Parole che hanno spiazzato molti osservatori, perché non allineano la Santa Sede a un generico elogio dei sistemi democratici, ma invitano a riflettere sulla natura peculiare di una comunità spirituale.
Il Pontefice non si è sottratto a un commento sulla guerra in Ucraina e sugli altri conflitti che insanguinano il pianeta. «Ho alzato la mia voce, la voce dei cristiani e delle persone di buona volontà, affermando che la pace è l’unica risposta all’uccisione di persone dopo tutti questi anni», ha ribadito. E poi l’appello: «Le persone devono svegliarsi e dire: basta, c’è un altro modo». Non un generico invito alla concordia, ma un richiamo esplicito alle diplomazie internazionali e ai governi: serve pressione politica, serve la volontà di cambiare strada, perché l’alternativa è la prosecuzione di un massacro senza fine.
Nell’intervista emergono anche aspetti più personali. Leone XIV racconta il legame profondo con l’America Latina: «Sono ovviamente americano e mi sento molto americano, ma nutro anche un grande amore per il Perù. Ho trascorso metà della mia vita ministeriale lì, quindi la prospettiva latinoamericana è molto preziosa per me». Una doppia identità che gli permette di parlare sia con la voce di un pontefice “globale”, sia con la sensibilità di chi ha condiviso la vita delle comunità più fragili.
Accanto alla solennità, non mancano momenti leggeri. Parlando di sport, Leone XIV sorride e confessa la sua passione per il calcio: «Ai Mondiali tiferò probabilmente per il Perù, giusto per un legame affettivo. Ma sono anche un grande tifoso dell’Italia». E ricorda con ironia le dispute in famiglia, divisa tra i White Sox e i Cubs: «Abbiamo imparato, anche nello sport, ad avere un atteggiamento aperto, altrimenti non avremmo cenato insieme».
Il compleanno diventa anche occasione di bilancio. «Ho ancora un lungo percorso di apprendimento davanti a me», ammette. «La parte pastorale mi viene naturale. Ma essere stato proiettato al livello di leader mondiale è del tutto nuovo. Imparo molto, mi sento stimolato ma non sopraffatto». Un riconoscimento della complessità del ruolo, affrontato con umiltà e insieme con determinazione.
Leone XIV parla infine del futuro: «Sto conoscendo come la Santa Sede ha svolto un ruolo nel mondo diplomatico per molti anni. È un’eredità preziosa, che oggi tocca a me portare avanti». L’intervista anticipa l’uscita del volume biografico León XIV: ciudadano del mundo, misionero del siglo XXI, che sarà pubblicato in spagnolo da Penguin Peru, ulteriore tappa di una narrazione che vuole raccontare un papa capace di mescolare fede e concretezza, spiritualità e politica.
Per i suoi settant’anni, Leone XIV non riceve solo auguri e celebrazioni. Con le sue parole consegna al mondo un messaggio che suona come una sfida: che cosa significa accumulare ricchezze senza limiti se le disuguaglianze crescono? Quale valore attribuiamo davvero alla democrazia, se in molti Paesi non mantiene le sue promesse? E quanta strada resta da percorrere prima che la pace diventi davvero l’unica scelta possibile?