Una scuola spezzata: il divario educativo tra Nord e Sud

Uscita da scuola degli studenti

C’è un’Italia che nasce con meno possibilità, meno strumenti, meno speranze. È l’Italia del Sud, dove la scuola pubblica – quella che dovrebbe garantire a tutti l’uguaglianza dei punti di partenza – è diventata il simbolo più drammatico di una frattura nazionale. Mentre i proclami politici si susseguono, tra promesse di riforme e piani straordinari mai davvero attuati, milioni di studenti meridionali affrontano ogni giorno aule fatiscenti, carenza di docenti, strumenti obsoleti, disagio sociale. La scuola del Sud è il termometro più impietoso della disuguaglianza territoriale italiana. Ed è anche il banco di prova mancato di ogni politica pubblica degli ultimi trent’anni.

Un recente studio congiunto delle Fondazioni Agnelli e Rocca, pubblicato nel 2025, ha messo nero su bianco quello che molti docenti e famiglie sperimentano sulla propria pelle da anni: un ragazzo del Sud, al secondo anno delle superiori, è mediamente indietro di due anni in matematica rispetto a un suo coetaneo del Nord-Est. Un abisso che si traduce in minori opportunità, minore fiducia in se stessi, maggiore probabilità di abbandono scolastico.

Ma non si tratta solo di numeri. È l’insieme del sistema scolastico che cede, pezzo dopo pezzo. In molte scuole di periferia in Sicilia, Calabria, Puglia o Campania, manca perfino la carta igienica. Le palestre sono chiuse da anni, i laboratori di scienze sono vuoti, le biblioteche inesistenti. I dirigenti scolastici cercano di sopperire con fondi esigui e buona volontà. I docenti fanno miracoli, spesso da soli. Ma tutto questo non basta a colmare il divario.

L’Italia divisa dai test

I test Invalsi 2024 raccontano una storia che non fa rumore, ma che dovrebbe inquietare tutti. In italiano, il 60,4% degli studenti del Sud non raggiunge competenze adeguate al termine delle superiori. In matematica, la percentuale supera il 65% in alcune province. Al Nord, i risultati sono opposti: meno del 30% è sotto la soglia minima.

Il divario inizia presto, già alla primaria. Poi si allarga alle medie. Alle superiori, diventa un baratro. È lì che si consuma il vero dramma: non è solo una differenza di rendimento, ma una diseguaglianza di destino. Studiare in una scuola di Milano o di Treviso non equivale a farlo a Reggio Calabria o a Caltanissetta. E questo, in un Paese che si definisce repubblica democratica fondata sull’eguaglianza, è semplicemente inaccettabile.

Le cause: strutturali, sociali, politiche

Certo, il contesto familiare e socioeconomico pesa. Ma non può essere l’unica spiegazione. Perché se è vero che molti studenti del Sud vivono in condizioni più difficili, è anche vero che la scuola dovrebbe servire proprio a correggere gli svantaggi iniziali, non a rafforzarli.

Il vero punto è che la scuola al Sud è stata lasciata sola. I finanziamenti statali non tengono conto delle specificità territoriali. Le politiche di reclutamento penalizzano le aree più fragili: molti insegnanti rifiutano la mobilità verso il Mezzogiorno, o vi restano solo pochi anni, senza radicarsi. I concorsi non premiano la permanenza nei contesti difficili. Il tempo pieno, fondamentale per colmare i gap educativi, è una rarità nel Sud: solo il 18% delle scuole meridionali lo offre, contro il 52% del Nord.

A tutto questo si somma un deficit infrastrutturale: scuole vecchie, insicure, non digitalizzate. Secondo l’ultimo rapporto Cittadinanzattiva, il 58% degli edifici scolastici del Sud ha bisogno di ristrutturazioni urgenti. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) avrebbe dovuto invertire la rotta, ma la sua attuazione ha scontato ritardi, burocrazia e mancanza di progettualità locale.

L’istruzione come ascensore sociale… inceppato

Nel Novecento, la scuola pubblica fu il motore della mobilità sociale. Oggi, al Sud, è un ascensore rotto. I ragazzi più fragili vengono abbandonati nel momento in cui avrebbero più bisogno di essere accompagnati. Il rischio di abbandono scolastico in Sicilia supera il 20%. In Campania, l’analfabetismo funzionale colpisce il 45% dei giovani adulti.

Il risultato è un’intera generazione a rischio: senza competenze solide, senza fiducia, senza prospettive. Non è solo un problema educativo. È una mina sociale pronta a esplodere.

di Luca Falbo e Ernesto Mastroianni