Portare un vero mercato del vintage in Calabria e trasformarlo in uno strumento di sensibilizzazione alla sostenibilità può sembrare un obiettivo ambizioso, soprattutto in un territorio dove il “nuovo” è spesso percepito come sinonimo di qualità e prestigio. Eppure, proprio nelle sfide culturali si nascondono le trasformazioni più significative.
Per anni, anche qui il valore del recupero è stato messo in ombra dalla corsa al moderno. Il vintage è stato associato più al “vecchio” che allo stile, al riciclo e alla sostenibilità. Ma ogni mentalità può evolvere, e qualcuno ha deciso di innescare questo cambiamento.
Tra questi c’è Rossella Audino, che sta portando in provincia di Reggio Calabria un’idea maturata a Londra: trasformare la cultura del vintage in un linguaggio capace di parlare alla comunità attraverso un’idea diversa di futuro.
Un approccio che mancava in Calabria
“Nel Regno Unito – spiega – il vintage non è nostalgia ma responsabilità, stile ed economia circolare. Mi sono accorta che questo approccio in Calabria, nella provincia, mancava. Così ho deciso di prendere il meglio del sistema inglese, la cura e l’esperienza, il rispetto per gli oggetti, la centralità della sostenibilità, e trasformarlo in un concept nuovo, ma con quell’anima londinese che ho respirato per anni”.
Dall’idea londinese nasce così il suo primo vintage market che si è svolto in un’ex spazio industriale sito in via Nazionale 261 a Cittanova (RC), chiamato “Le cose di una volta“. Una scelta che rispecchia l’anima del progetto: dare nuova vita alle cose. Per questo progetto sono stati coinvolti artigiani locali – falegnami, fabbri, sarti, restauratori e piccoli produttori – per creare una filiera che unisce territorio e creatività.
Ma le difficoltà non si limitano soltanto al Sud Italia: “Persone con la mia stessa passione mi hanno raccontato di aver incontrato le stesse difficoltà in diverse regioni italiane. Oggi il trend si sta lentamente diffondendo e cresce una nuova sensibilità, spinta sia dal ritorno della moda anni ’70/’80 sia dall’aspetto economico, che permette di acquistare pezzi iconici di qualità a prezzi sostenibili. Penso però che in Italia manchi ancora una vera cultura del charity retail — la donazione volontaria di abiti e oggetti — e soprattutto un sistema fiscale che la favorisca. Per questo il second hand non è ancora percepito come qualcosa di normale, cool ed etico”.
Una comunità in costruzione
E’ proprio grazie a persone accomunate dalla passione del vintage che la Calabria sta iniziando a interessarsi a stili di consumo più consapevoli, e Rossella vuole accompagnare questa lenta evoluzione con eventi e collaborazioni creative. Lo spiega chiaramente: “Le persone si coinvolgono quando si sentono parte di una storia. Io voglio mostrare che ogni capo o un oggetto ha un’anima e che riportarlo in vita è un atto bellissimo. Lo farò con eventi, musica, collaborazioni con artisti, fotografi, designer. Il vintage diventa un luogo dove ti riconosci, non un negozio dove perdi tempo. Un’occasione per rallentare, esplorare, e connettersi con la creatività e la sostenibilità. Mi rivolgo a persone curiose, creative, sensibili al tema della sostenibilità, e stanche dell’omologazione”.
In un settore come la moda, tra i più inquinanti al mondo, il vintage diventa una scelta culturale prima ancora che estetica. Rossella vuole mostrare che sostenibilità e bellezza possono coincidere, e che scegliere un capo usato è una forma di espressione personale. Un gesto concreto contro lo spreco e un’alternativa al fast fashion.
A guidare Rossella nella sua missione c’è un’idea chiara: creare uno spazio che non sia solo un luogo di vendita ma un punto di incontro, un movimento culturale attorno alla vita degli oggetti. La sua proposta rappresenta una rivoluzione gentile: trasformare luoghi di provincia – in questo caso di Reggio Calabria – in territori capaci di valorizzare il vissuto e il recuperato, dando nuova vita non solo agli oggetti, ma al modo stesso di intendere la moda e il futuro.







