Cronaca semiseria di un concerto che ha trasformato il Circo Massimo in una discoteca spaziale, dove la band di Simon Le Bon e soci suona meglio di ieri, o perlomeno, risulta molto più simpatica. Al Circo Massimo di Roma, davanti a un pubblico trasversale che andava dai cinquantenni con felpa “Rio” d’ordinanza ai ventenni hipster accorsi per mero spirito documentaristico, la band britannica ha dimostrato una cosa: l’età non conta, finché hai un basso funk, un sintetizzatore acceso e un frontman in pantaloni bianchi. A differenza di quello che è accaduto qualche mese fa a Sanremo, Victoria De Angelis non si è palesata. Forse aveva letto la scaletta e temeva di non reggere il confronto. Chi può biasimarla?
Astronauti glam, senza la missione di piacere a tutti
Lo show inizia con i quattro travestiti da astronauti digitali: Simon Le Bon, Nick Rhodes, John Taylor e Roger Taylor planano sulla Terra a bordo di “Velvet Newton”, e già qui parte il primo applauso: sono scesi, ma non sono caduti! Niente fronzoli, niente ballerini colorati,glitter, niente outfit da Met Gala. Solo scarpe comode, cori femminili ben piazzati e una scaletta che miscela new wave, synth pop e una sana voglia di far pace col proprio passato. E badate bene… non si tratta di mera nostalgia, è una ristrutturazione con materiali originali.
I classici? Più vivi che mai, anche quelli che manco ti ricordavi
Dal debutto del 1981 vengono ripescati cinque brani con più synth che rullate su TikTok. “Night Boat”, “Careless Memories” e “Planet Earth” fanno alzare anche i fan seduti sulle gradinate con ginocchia da rottamare. C’è perfino un momento “Nosferatu” durante “Friends of Mine”, a testimoniare che i Duran non erano solo yacht, modelle e champagne, ma anche zombi, horror e Lucio Fulci. E se non te li ricordi così, forse eri troppo impegnato a copiare il ciuffo di John Taylor…
Wild Boys interrotta? Simon Le Bon la prende con filosofia
Il boato esplode su “Wild Boys”, ma subito si sgonfia: problema tecnico, fine anticipata. Simon sembra un po’ interdetto, ma tiene botta e continua come se nulla fosse. Altri highlights della serata? “A View to a Kill”, che resta ancora il miglior brano di James Bond con meno Aston Martin e più capelli cotonati. E cosa vogliamo dire di “Notorious”, che fa tremare i sanpietrini del Circo Massimo con un groove che nemmeno Nile Rodgers degli Chic ubriaco riuscirebbe a suonare meglio?!?
Un pensiero serio tra due glitterate
Tra “Ordinary World” e “Come Undone”, Le Bon smette per un attimo di apparire il dandy intergalattico e diventa portatore di un messaggio pacifista. Ucraina, Gaza e l’importanza di vivere in un mondo normale. Il Circo Massimo si zittisce, i telefoni si abbassano (quasi tutti), qualcuno versa un’incontenibile lacrimuccia. Subito dopo si balla di nuovo con “The Reflex”, “Girls on Film” in mash-up con “Psycho Killer” dei Talking Heads. Perché la memoria va sì onorata… ma anche fatta saltellare a dovere.
Zero coreografia, nessun effetto speciale. Solo loro, strumenti a iosa e un sacco di groove
Nessun corpo di ballo, nessuna scenografia hollywoodiana. Solo un gruppo di sessantenni che suona meglio di molti ventenni in circolazione. La regia video un po’ svogliata ha perso qualche assolo, ma pazienza: bastava guardare il palco per capire che i Duran Duran sono finalmente liberi dal loro passato e certamente più credibili. Nick Rhodes architetta il suono come un alchimista del Moog, John Taylor fa l’amore con il basso, Roger è un metronomo con stile, e Simon… Simon è il frontman più staticamente cool del pop britannico. Non salta più ma canta bene… e sembra anche godersela.
Il Circo Massimo diventa una pista da ballo per chi ha fatto pace con gli eighties
Il bis con “Save a Prayer” è pura magia: niente accendini, ma migliaia di schermi luminosi che trasformano Roma in un set in stile Blade Runner romantico. Si chiude con “Rio”, e a quel punto anche i più snob – accanto a me c’era un tizio con la maglietta dei Joy Division – battono ritmicamente il piedino. Sdoganati da David Lynch, amati dai Killers, Beck, Lou Reed e pure da qualche metallaro. I Duran Duran sono stati perdonati, oggi suonano come avrebbero sempre voluto: non per piacere a tutti, ma per divertirsi senza dover dimostrare nulla. Come dice Simon Le Bon: “In fondo, meglio ora che allora”. E per una volta, ha ragione da vendere.