Scuderie del Quirinale, il segreto dei Faraoni è nella luce: il progetto invisibile di Francesco Murano

la mostra “Tesori dei Faraoni”, in corso alle Scuderie del Quirinale

La luce non è un effetto. È un pensiero. E nel caso della mostra “Tesori dei Faraoni”, in corso alle Scuderie del Quirinale, è anche una guida invisibile che accompagna il visitatore nel cuore dell’Antico Egitto. Il progetto illuminotecnico porta la firma di Francesco Murano, architetto e light designer tra i maggiori esperti di luce museale in Italia. Per questa esposizione, Murano ha concepito un impianto luminoso che unisce rigore conservativo e regia emotiva, trasformando la luce in strumento di tutela e al tempo stesso di narrazione.

«Luce intima, non invasiva»

«Molti dei reperti sono fragilissimi, la carta, il legno, i tessuti e persino alcuni pigmenti non tollerano luci forti. Ma questo non significa rinunciare all’effetto narrativo: al contrario, è un’occasione per costruire un’esperienza più rarefatta, immersiva, quasi sacra». Murano ha lavorato con LED calibrati, micro-sagomatori e filtri anti UV/IR, testando sul campo decine di combinazioni per garantire resa cromatica elevata una luce senza dispersioni. Ogni faretto è stato posizionato e regolato più volte manualmente in cantiere, a opere già posizionate, per creare l’effetto migliore.

Il sarcofago dorato e la regia delle ombre

Uno degli episodi più suggestivi del percorso riguarda la sala del sarcofago ligneo dorato: «Volevamo che sembrasse emergere dalla penombra. Un taglio di luce radente, orientato con precisione millimetrica, ne esalta i riflessi e i dettagli pittorici. Tutto il resto è silenzio visivo». In un’altra sala, quella dei gioielli e degli amuleti, il ritmo si fa più dinamico: piccoli accenti luminosi alternati a zone d’ombra disegnano una partitura visiva che accompagna il visitatore verso la Maschera d’oro di Amenemope, svelata da un’apertura luminosa quasi teatrale.

L’architettura guida la luce

Le Scuderie del Quirinale impongono vincoli precisi: niente strutture invasive, nessuna luce a soffitto, massimo rispetto per l’architettura. La soluzione è stata integrare tutto nell’allestimento: LED direzionabili miniaturizzati, cablaggi invisibili. «Lavorare su più livelli ha richiesto un ritmo luminoso variabile», spiega Murano. «Ogni piano ha un’impronta visiva distinta, ma il racconto è continuo. Come in un montaggio cinematografico, la luce accompagna senza farsi notare».

Un cambio di rotta (e di pensiero)

La prima idea era diversa: una luce diffusa, uniforme e tenue, che accompagnasse il percorso in modo omogeneo. «Ma si correva il rischio che il tutto risultasse piatto. Allora ho deciso di cambiare approccio. Ho trasformato i vincoli conservativi in una grammatica visiva: penombre, accenti, silenzi. La luce come narrazione, non come effetto». Il risultato è un viaggio percettivo sospeso tra rigore scientifico e suggestione teatrale, dove la luce non serve solo a vedere, ma a comprendere. E, forse, a ricordare.

la mostra “Tesori dei Faraoni”, in corso alle Scuderie del Quirinale