Una “DC del Sud”: quando il centro era popolo, lavoro, territorio
Nel Mezzogiorno, la Democrazia Cristiana non era soltanto un partito: era una rete di protezione sociale, una classe dirigente radicata, un ponte tra Stato e periferie. In regioni come Calabria, Campania, Sicilia, Basilicata e Puglia, la DC superava stabilmente il 50% dei consensi in molte province rurali e urbane, dominando comuni, province, consorzi, enti di sviluppo e camere di commercio. La presenza capillare della DC nei decenni ’50-’80 garantiva un equilibrio tra rappresentanza politica, welfare e coesione sociale.
La DC al Sud era, nel bene e nel male, parte integrante della vita quotidiana. Non solo il voto cattolico, ma quello dei lavoratori, degli agricoltori, degli impiegati pubblici, dei sindacalisti (CISL e ACLI in primis), delle cooperative. Era un partito nazionale che sapeva però parlare dialetto, nel senso di saper declinare le istanze locali dentro un orizzonte nazionale.
Il fallimento della Lega e in parte anche di Forza Italia
Dopo il 1994, con il collasso della DC, il Sud è diventato terra di conquista elettorale, ma mai realmente rappresentato:
- Forza Italia ha egemonizzato per anni il consenso grazie alla forza carismatica di Berlusconi, ma senza radicamento sociale. Il suo sistema era verticistico, clientelare, privo di cultura amministrativa diffusa. Oggi, dopo la morte del Cavaliere, Forza Italia inizia a scricchiolare: a Napoli e in Sicilia perde terreno; in altre regioni rischia la marginalità.
- La Lega di Salvini ha provato l’operazione “nazionalizzazione” con il nome Lega per Salvini Premier. Ha ottenuto risultati tra il 15 e il 20% nel 2019, ma il consenso si è rapidamente dissolto: alle Europee del 2024, la Lega è scesa sotto il 5% in tutte le regioni meridionali, spesso sotto il 3% in Calabria e in Sicilia.
- Il Movimento 5 Stelle, che nel 2018 ha trionfato con punte del 40-50% in Campania, Sicilia e Puglia, è oggi ridimensionato, più identificato con il reddito di cittadinanza che con una vera proposta politica di centro.
Il Sud cerca una nuova rappresentanza
C’è un vuoto enorme nel Mezzogiorno. Non solo politico, ma anche culturale e organizzativo. Il Sud resta la parte d’Italia più colpita da:
- disoccupazione giovanile e soprattutto femminile
- spopolamento (dal 2001 al 2021, la Basilicata ha perso il 9% della popolazione, la Calabria il 6%);
- crollo del sistema scolastico (dispersione superiore al 20% in Sicilia e Sardegna);
- servizi pubblici inadeguati, soprattutto sanità e trasporti. Arretramento infrastrutturale.
Un partito di centro autentico, radicato, popolare, con un’anima cattolica e sociale, avrebbe uno spazio enorme per riorganizzare l’area moderata, oggi orfana di punti di riferimento.
Il Sud è pronto per una nuova “balena sociale”?
Se c’è un’area del Paese dove una nuova forza centrista potrebbe “sbancare”, come ai tempi della DC, è proprio il Mezzogiorno. Ma serve:
- una classe dirigente locale credibile, non catapultata né improvvisata;
- una rete associativa attiva: ACLI, cooperative, movimenti civici, professionisti, associazionismo, gruppi ambientalisti, sindacati moderati;
- un messaggio coerente, centrato su lavoro, servizi, ambiente, dignità, territorio, lotta alla criminalità;
- un linguaggio non tecnocratico, ma popolare, che parli di famiglie, imprese, scuola, trasporti, sanità.
Il Sud non ha bisogno di un partito “mediatico”, ma di una forza radicata nel territorio, che riparta dai comuni, ritrovi uno spirito popolare forte. In un Mezzogiorno in cui l’astensionismo è ormai superiore al 50% in molte aree e dove la delusione verso tutti i partiti nazionali è altissima, il centro potrebbe rinascere se tornerà a essere popolo, rappresentanza, partecipazione.
Una nuova Democrazia Cristiana, aggiornata al XXI secolo, potrebbe partire proprio dal Sud, dove il ricordo della politica come servizio non è ancora del tutto scomparso. Dove la sete di giustizia, di lavoro e di ascolto è più forte. Dove, se il centro tornerà a essere serio e vicino alla gente, potrà non solo vincere, ma cambiare davvero il Paese.
il Dossier di Luca Falbo e Bruno Mirante