I Sì dei riformisti riguarderanno il referendum per ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza per ottenere la cittadinanza e quello per introdurre la responsabilità solidale dell’impresa committente in caso di infortuni sul lavoro negli appalti. Sui restanti tre quesiti, nessuna indicazione unitaria: alcuni voteranno No, altri scheda bianca, altri ancora potrebbero non ritirare la scheda, favorendo così indirettamente il mancato raggiungimento del quorum.
Nessun boicottaggio, ma linea diversa
«Nessun boicottaggio, andremo a votare», è il messaggio ufficiale. Ma il dissenso con la linea di Elly Schlein riguarda soprattutto i quesiti legati al Jobs Act, che i referendum vogliono abolire. I riformisti, guidati da Stefano Bonaccini, rifiutano la via referendaria: «Il tagliando al Jobs Act va fatto in Parlamento», ha detto il senatore Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia Popolare.
Orlando e Renzi: posizioni opposte
Diversa la posizione dell’ex ministro Andrea Orlando, tra i principali esponenti della maggioranza dem: secondo lui, i referendum rappresentano un’occasione per archiviare una stagione politica fondata sulla svalutazione del lavoro. Matteo Renzi, padre del Jobs Act, non ha perso tempo per corteggiare i dissidenti: «Le porte di Italia Viva sono aperte», ha detto, proponendo una nuova coalizione moderata, alternativa a una sinistra troppo radicale che – a suo dire – favorirebbe Giorgia Meloni.
Il contesto: referendum e ballottaggi
Nel weekend dell’8 e 9 giugno non si voterà solo per i referendum, ma anche per i ballottaggi nei Comuni andati al voto il 25 e 26 maggio. Sono 31 i centri sopra i 15 mila abitanti coinvolti, tra cui Genova, Ravenna e Taranto. Intanto, al Senato, è cominciato l’iter della proposta di riforma che prevede l’abolizione dei ballottaggi nei grandi comuni: con il 40% dei voti, il sindaco verrebbe eletto al primo turno.