Solitudine sul lavoro: l’82% dei lavoratori si sente isolato. Nasce il Manifesto del Relazionésimo

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I lavoratori soffrono sempre più spesso di solitudine. Secondo un’indagine ripresa anche da Nature, sono più di 8 su 10 i dipendenti di Brasile, Cina, Germania, Regno Unito e Stati Uniti che dichiarano di sentirsi soli nei luoghi di lavoro (82%). Tra i lavoratori italiani, uno su 4 dichiara di provare tristezza e isolamento ogni giorno. Tra le generazioni, secondo quanto riportato anche da Fortune, sono gli appartenenti alla Gen Z a sentirsi maggiormente isolati sul luogo di lavoro (30%), rispetto al 22% registrato nelle altre fasce d’età.

Solitudine sul lavoro, le conseguenze sull’economia globale

Un trend negativo che ha effetti devastanti anche sull’intera economia globale. Nel Regno Unito si stima ad esempio che la solitudine dei lavoratori costi agli imprenditori, in termini di calo della produttività e aumento dei tassi di assenteismo e turnover, fino a 2,5 miliardi di sterline all’anno. Negli Stati Uniti, invece, come riportato da Harvard Business Review, l’assenteismo correlato allo stress attribuito alla solitudine costa ai datori di lavoro circa 154 miliardi di dollari all’anno.

Nasce il Manifesto del Relazionésimo

La solitudine lavorativa, come da monito lanciato anche dall’OMS, nel corso degli anni è diventata sempre di più una vera e propria epidemia ma una nuova cura è a portata di mano ed arriva direttamente dall’Italia. Nel Bel Paese infatti, con l’intenzione d’invertire la rotta e far finalmente comprendere a tutti il valore inestimabile delle relazioni, nel business come nella vita quotidiana, è nato il Manifesto per far entrare la società in una nuova era, quella del «Relazionésimo»: un progetto sostenuto da un pool di esperti sociologi, psicologi ed economisti, che lavorano a stretto contatto con imprese e istituzioni.

Le parole delle fondatrici Panni e Zulian

«L’identità soggettiva e delle comunità non è statica: richiede negoziazione, riconoscimento, impegno e soprattutto lo sviluppo di relazioni a tutti i livelli – chiariscono Ketty Panni e Ombretta Zulian, imprenditrici e fondatrici della Fondazione Relazionésimo, ente del Terzo settore a profitto sociale dedicato alla promozione della crescita culturale, sociale ed economica della comunità – È ormai indispensabile e improrogabile affermare la centralità della persona e delle relazioni umane in ogni scelta culturale, politica, economica, sociale e ambientale. Serve progettare non per i territori, ma con i territori; non per le imprese, ma con le imprese».

Ketty Panni e Ombretta Zulian, imprenditrici e fondatrici della Fondazione Relazionésimo

Il comitato scientifico della Fondazione Relazionésimo

Quello di Fondazione Relazionésimo è un progetto che esprime l’esigenza di armonia, equilibrio e bellezza nella complessità contemporanea. A coniare il neologismo sono state proprio Ombretta Zulian e Ketty Panni, che reinterpretano, rinnovano e, allo stesso tempo, ritornano all’essenza della parola «economia» (dal greco οἰκονομία), intesa come amministrazione e cura della casa. Il loro impegno per riuscire ad affermare, nella società odierna, l’importanza e il valore delle relazioni umane è supportato da un comitato scientifico di primo livello composto, tra gli altri, dal professor Mauro Magatti, presidente del comitato scientifico della Fondazione Relazionésimo e ordinario di Sociologia all’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; dal professor Ugo Morelli, psicologo, studioso di scienze cognitive e scrittore, insegna Scienze cognitive applicate al dipartimento di Architettura dell’università Federico II di Napoli; dal professor Vittorio Gallese, neuroscienziato e professore ordinario di Psicobiologia al dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’università di Parma; il professor Daniel Antenucci, ordinario di Bioecologia e direttore del centro di Investigazione marina, università di Mar del Plata, Buenos Aires; il professor Luigino Bruni, ordinario di Economia politica all’Università LUMSA di Roma e dalla professoressa Chiara Giaccardi, ordinaria di Sociologia dei Processi culturali e comunicativi all’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Le dichiarazioni

«Il dialogo quando si spezza si traduce in conflitto. Lo vediamo nel mondo del lavoro e dell’impresa, dove oggi più che mai le giovani generazioni chiedono più relazione, più senso, più partecipazione – dichiara Magatti – Credo che questo transito generazionale sia fondamentale anche per l’affermarsi di un nuovo spirito del capitalismo. Un capitalismo che deve passare dall’etica della crescita all’etica della sostenibilità».

Ogni impresa vive grazie al suo capitale etico e spirituale e quest’ultimo coincide con la capacità di porre al centro l’uomo e le sue relazioni. «L’impresa è il luogo che più di ogni altro ha bisogno di virtù civili condivise e di una mediazione complessa sui temi della formazione, della compartecipazione e del lavoro – spiega Bruni – Solo includendo il valore della relazione in quello del lavoro possiamo riaprire un dialogo con le nuove generazioni».

I 10 principi del Relazionésimo

Il Manifesto propone dieci principi chiave per rifondare l’economia e la società. Tra questi:

  • mettere la persona al centro;
  • misurare il valore delle relazioni;
  • tramandare un’eredità valoriale e non solo economica;
  • superare la dicotomia pubblico/privato;
  • valorizzare l’impresa come comunità;
  • ridurre le disuguaglianze;
  • coltivare una cultura del dialogo e della cooperazione;
  • stimolare lo spirito di cittadinanza;
  • riconoscere i beni relazionali come fondamentali per lo sviluppo;
  • costruire il cambiamento a partire dai territori.

Una rivoluzione silenziosa, ma urgente

L’Era del Relazionésimo è già cominciata. Ora è il momento di «fare della relazione un atto di responsabilità e coraggio collettivo». Un invito a «ritrovare senso e umanità nei contesti professionali e sociali», in un mondo sempre più connesso eppure sempre più solo.

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