Il Partito Democratico entra in una delle fasi più delicate della sua storia recente. E la domanda che circola ormai da settimane è sempre la stessa: questa volta, il PD riuscirà a vedere un briciolo di speranza in vista delle prossime politiche? La risposta è semplice, ora come ora ?
Assolutamente no.
E non per mancanza di spazio politico o assenza di elettorato potenziale, perché quello paradossalmente sembra persino stabile. Ma per il nodo più evidente e più discusso: la leadership di Elly Schlein.
Nelle stanze del Nazareno, si sussurra che la segretaria abbia puntato tutto su una trasformazione rapida e radicale del partito. Una sorta di “nuovo PD”, improvvisato, direbbe Verdone un po’ “alla cazzo de cane”, che però non ha convinto chi il PD lo ha sviluppato mattone dopo mattone.
E così emerge il contrasto: da una parte la visione della nuova leader; dall’altra, la voce più esperta, di figure come Francesco Boccia, che conoscono la macchina democratica interna meglio di molti altri. Un contrasto che si amplia se si guarda a quel mondo che va dal PD di D’Alema (detto Max il gelido) al PD più governista della stagione prodiana: un’eredità politica che molti vedono oggi come messa da parte.
Chi conosce i retroscena democratici sa che oggi nel PD si respira un qualcosa di diverso: una spaccatura profonda, quasi una rivolta silenziosa.
Una specie di correntismo, soprattutto tra i stessi fedeli , pronto non a rovesciare il tavolo, ma perlomeno a mettere in discussione, la tenuta politica della segreteria. Una cerchia per niente piccola, che studia le mosse del centrodestra e che, soprattutto, sembra convinta di una cosa: così il PD non va da nessuna parte.
Paradossalmente, il PD non sta crollando.
I consensi non esplodono, ma neppure franano. È stabile, quasi anestetizzato.
Eppure proprio questa stabilità rischia di essere un’illusione ottica. Parliamoci chiaro, di questi tempi, il centrosinistra anche col famoso campo largo non riuscirà a battere il centrodestra alle prossime politiche.
Tra chi ancora spera e chi è già pronto a scommettere sul dopo, la sensazione comune è che il PD sia davanti a un bivio drammatico: restare così e perdere, oppure cambiare la figura principale, e tentare l’ultimo assalto a Chigi. Il tempo stringe, le urne si avvicinano. E il destino del principale partito d’opposizione, oggi più che mai, sembra appeso a un equilibrio fragile.
di Carlo Mazzei







