La regola non scritta della politica italiana è sempre la stessa: anche quando i conti arrancano, qualche euro per accontentare il territorio si trova comunque. E la legge di Bilancio, ogni anno, diventa il terreno perfetto per misurare questa antica tentazione. Anche nell’edizione 2025, i numeri del deficit restano rigidi, il margine di manovra è minimo, la cassa è più magra che mai. Eppure, tra gli emendamenti depositati al Senato, sbucano decine di proposte in miniatura, ritagliate su misura per province, frazioni, paesi e comunità che nulla hanno a che vedere con la strategia economica nazionale. Sono le micromisure, l’eterno rito delle mance elettorali, quello che resiste a ogni stagione e a ogni governo.
Il campionario è ampio, spesso pittoresco. C’è chi si preoccupa dell’alta velocità, delle grandi arterie, dei tagli alle metropolitane, delle tratte ferroviarie strategiche. E chi, invece, guarda molto più in basso: alla rotatoria all’incrocio tra la statale 272 e la provinciale 27, in provincia di Foggia. È la richiesta di Claudio Lotito e Adriano Paroli, senatori di Forza Italia, che per quell’opera chiedono 250 mila euro. Gli stessi due parlamentari non si fermano qui: propongono altri 3 milioni per Todi e Orvieto, con l’obiettivo dichiarato di «garantire la salvaguardia del patrimonio paesaggistico, archeologico e storico» delle due città umbre. E poi altri 5 milioni all’anno, per cinque anni, per la funicolare di Mondovì, nel Cuneese: un’operazione da 25 milioni complessivi.
Il fronte meloniano non è da meno. Il veronese Matteo Gelmetti di Fratelli d’Italia presenta una serie di richieste che hanno tutte un denominatore comune: riguardano esclusivamente la sua provincia. Si va dai 250 mila euro per riqualificare il velodromo di Pescantina al milione di euro per la nuova palestra comunale di Oppeano, fino ai 300 mila euro destinati all’avvio dei lavori del commissariato di Legnago. Ma il vero fiore all’occhiello è un progetto ben più ambizioso: il Museo nazionale del vino a Verona. Per istituirlo, Gelmetti chiede 1 milione di euro nel 2026 e altri 9 milioni nel 2027. Dieci milioni complessivi per un polo culturale che, nelle intenzioni, dovrebbe trasformare la città di Romeo e Giulietta nella capitale italiana dell’enologia.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il leghista Massimo Garavaglia, che parla di «musei iconici» e immagina un trittico simbolico: il Museo del Vino a Verona, quello dell’Olio nel Gargano e quello della Pizza a Napoli. Una strategia identitaria, che punta a radicare la spesa pubblica in elementi di riconoscibilità culturale, e che costa 6 milioni di euro nella proposta complessiva.
Più modesta, ma non meno mirata, la misura che Lotito e Paroli dedicano a Rocca San Casciano: 100 mila euro per un «museo didattico rurale». E sempre in Romagna altri 500 mila euro per restaurare il Giardino di Dante e Beatrice, un intervento che ha il profumo della celebrazione locale travestita da emergenza culturale.
Sul fronte grillino, la senatrice Vincenza Aloisio guarda alla Campania. Punta 500 mila euro sulla riqualificazione dell’Acquedotto Carolino, capolavoro borbonico che alimenta la Reggia di Caserta, e propone altri 400 mila euro per studiare il sotterramento della linea ferroviaria che attraversa l’area monumentale. L’obiettivo dichiarato è la tutela del paesaggio, ma il tempismo – a ridosso della sessione di bilancio – lascia intuire anche un messaggio diretto agli elettori casertani.
Chi non ha dubbi su dove indirizzare gli investimenti è Daniela Ternullo, forzista siciliana che concentra tutto su Vibo Valentia. Un pacchetto da 2,75 milioni in tre anni, destinato all’oratorio della parrocchia di Santa Maria del Soccorso, alla costruzione di una scuola nella frazione di Vena Superiore e alla realizzazione di un centro sportivo e di un’area giochi per l’associazione «Il Dono». Una scelta territoriale netta, che rientra perfettamente nella logica della compensazione politica sotto forma di cantieri e servizi.
Nel mosaico degli emendamenti locali spiccano anche quelli della senatrice Giusy Versace, del gruppo misto, che insieme a Maristella Gelmini punta a finanziare il turismo nell’Agrigentino: un milione di euro in tre anni per promuovere il territorio e un altro milione in quattro anni per sostenere il Taormina Film Festival. Ma il loro sguardo arriva anche al Nord, proponendo 15 milioni all’anno per tre anni destinati al rimboschimento delle province di Trento e Bolzano.
Il settore culturale, da sempre ricco di richieste trasversali, non resta indietro. La Lega propone 5 milioni per le celebrazioni del 2028 dedicate alla Scala di Milano, mentre un asse inedito tra Carroccio e Partito Democratico chiede un milione di euro all’anno per sostenere l’Orchestra Scarlatti di Napoli. Fratelli d’Italia non manca di far sentire la propria voce, chiedendo un contributo da 150 mila euro per Umbria Jazz nel 2026.
Alla fine il risultato è un elenco di richieste a pioggia, accomunate da una logica elementare: far arrivare risorse nel proprio territorio e costruire piccoli capitali di consenso. In questa logica si inserisce perfettamente anche il nuovo fondo da 7 milioni di euro per «eventi culturali di rilevanza locale», proposto ancora da Lotito e Paroli. Una linea di finanziamento pensata per essere ripartita con un “atto di indirizzo parlamentare”, garanzia implicita che nessuno resti a mani vuote.
Ed è così che, anche in un anno di tagli e vincoli, la politica trova sempre il modo di finanziare ciò che serve a consolidare la presenza sul territorio. La manovra stringe, le risorse scarseggiano, ma il repertorio delle mance sopravvive intatto. Perché, in fondo, la rotatoria di Foggia o il museo rurale romagnolo hanno un peso che nessuna curva del Pil potrà mai restituire.







