Violenza di genere e diritti negati: in Africa è ancora una realtà strutturale

L’Associazione Don Bosco 2000, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, riflette criticamente su un fenomeno che troppo spesso viene ridotto a mera commemorazione di femminicidi, mentre rappresenta una violenza strutturale che tocca milioni di donne nel mondo, con particolare gravità nel continente africano.

“Questa giornata viene molto spesso strumentalizzata, trasformata in una manifestazione retorica che non tocca le radici del problema,” afferma Cinzia Vella, founder dell’Associazione. “Occorre riflettere seriamente e alzare la voce sulle forme di violenza che ogni giorno migliaia di donne subiscono. Non è sufficiente denunciare i numeri: è necessario un lavoro strutturale di educazione. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di una strategia responsabile che comprenda il legame indissolubile tra istruzione, autonomia, salute e dignità delle donne.”

La violenza di genere non si esaurisce negli omicidi. Essa si manifesta in forme molteplici, spesso invisibili, incorporate negli stessi sistemi sociali e culturali. La negazione dell’istruzione, i matrimoni precoci e forzati, le mutilazioni genitali femminili, l’assenza di autonomia decisionale sul proprio corpo, la violenza economica socialmente tollerata: questi sono aspetti di un unico fenomeno sistemico che perpetua l’oppressione femminile.

L’Africa subsahariana rappresenta uno dei contesti dove la violenza strutturale contro le donne raggiunge proporzioni particolarmente drammatiche. Circa 73 milioni di bambine in età compresa tra i 7 e i 16 anni non hanno accesso all’istruzione. Nel Sahel, in Nigeria, Niger e altri paesi dell’Africa occidentale, una bambina su tre non è mai entrata in un’aula scolastica.

La negazione del diritto all’istruzione non è una conseguenza della povertà, ma una scelta deliberata. La privazione educativa condanna le ragazze a non conoscere i propri diritti, a non immaginare un futuro diverso esponedole a rischi gravissimi.

Tra i rischi maggiori troviamo i matrimoni precoci e forzati: una violenza legalizzata.  Le cui conseguenze sono disastrose: gravidanze precoci, complicanze ostetriche, dipendenza economica permanente e un’infanzia rubata.

Al fenomeno dei matrimoni va aggiunto quello delle mutilazioni genitali, una pratica che è una violenza fisica e psicologica commessa nel contesto familiare e giustificata da tradizioni culturali o da interpretazioni distorte.

“In Africa molte donne – aggiunge Cinzia Vella – vedono negato il proprio diritto alla salute. Il tasso di morte per le giovani madri è tra i più alti. Per questo crediamo sia necessario continuare ad educare alla salute. Attraverso il nostro dispensario a Tambacunda cerchiamo di dare un luogo sicuro in cui portare a termine la propria gravidanza. Perché molte volte le donne africane non hanno accesso ai servizi sanitari essenziali”.

In questa giornata occorre accendere i riflettori su tutti i generi di violenza a partire dalla mancata autonomia perché le donne africane non possiedono il proprio controllo sulla vita e sul loro futuro.

“Questa giornata ci ricorda che la violenza sulle donne non è un problema individuale, ma una manifestazione di dislivelli di potere profondamente radicati,” conclude Cinzia Vella. “Non è sufficiente indignazione: abbiamo bisogno di impegno concreto. Occorre lavorare perché affinché ogni donna, in ogni parte del mondo, possa vivere con dignità, libertà e consapevolezza dei propri diritti.”