Mara Venier racconta una vita che sembra un romanzo, una corsa che parte da Mestre e attraversa mezzo secolo di spettacolo, amori, dolori e rinascite. Lo fa in una lunga intervista al Corriere della Sera in cui svela i retroscena del suo successo. Quando le si chiede chi sia stato il suo maestro, lei spiazza: «Non saprei. Ne ho avuti tanti». Anche Renzo Arbore? «A dire la verità, quando eravamo fidanzati non pensavo di fare televisione. Quindi non può dirsi un maestro. Però un giorno mi disse una cosa che mi cambiò la vita». È il 1993: Mara non sa se accettare la conduzione di “Domenica In”. Entra in cucina struccata, con i jeans e una molletta tra i capelli. Lui la guarda e dice: «Ecco Mara, sii così, niente di più, niente di meno». Per lei è un’illuminazione: «Capii che potevo avere successo solo restando me stessa».
Nonostante la sua diciassettesima “Domenica In”, Mara confessa: «Non ho mai pensato di aver raggiunto il successo. Perché in fondo sono rimasta la ragazza di Venezia che nel ’68 venne a Roma per cantarle al marito». Quel marito era l’attore Francesco Ferracini: «Ci fu un amore fulminante. Rimasi incinta. Ci sposammo e lui se ne andò la sera stessa delle nozze». Lei, sola e guardata come uno scandalo a Mestre, resiste un anno e poi sale su un treno per Roma. «Mi venne a prendere in Rolls Royce. Con lui c’era Roberto Capucci». Non voleva recitare: «Io volevo solo parlare con mio marito». Ma Capucci le propone di fare la modella: «Centomila lire al giorno. Mai visti quei soldi. Sono pur sempre figlia di un ferroviere».

Roma però diventa presto un’altra storia. Dopo la fine con Ferracini, entra nella vita di Pier Paolo Capponi: «L’opposto di Francesco. Frequentai la Roma di sinistra, Moravia, Morante, Maraini. Diventai amica di Gabriella Ferri. Con lei ero “stracciarola” a Campo de’ Fiori e aprii un negozio di vestiti usati che chiamai “Il tempo perso”». Lì, tra intellettuali e musici, arrivano episodi che oggi racconta sorridendo: «Una sera mia madre si trovò con noi in cerchio, e qualcuno le passò una canna. “Che xe?”, chiese terrorizzata. Le dissi: “Tasi e fuma, se no i se offende”». E da quella volta, ride, «voleva sempre uscire con noi».
Non mancano pagine drammatiche, come quella legata al fratello di Gian Maria Volonté: «Claudio era sensibile, fragile. Uccise un uomo, si costituì, finì in cella e si tolse la vita. Tre giorni dopo ricevemmo una sua lettera: implorava “Non lasciatemi solo”». Il dolore resterà un marchio profondo.
Arriva poi il capitolo Tinto Brass: «Andai a fare un provino. La moglie Tinta mi disse: “Facci vedere le tette”. Risposi: “Manco per sogno”. E tutto finì lì». E quello del principe: «Mi fidanzai con Sebastian von Fürstenberg, nipote di Agnelli. Veniva a prendermi con la Balilla Coppa d’Oro sotto il palazzo dei ferrovieri. Tutti si affacciavano. Una volta mi invitò nella villa di famiglia. Mia madre comprò uno scampolo di vellutino color arancio e mi cucì un tailleur bellissimo. Arrivai e la prima cosa che accadde fu che mi buttarono in piscina». Il tailleur affogato, e «mamma mi diede pure le botte: “Così te impari ad andar col principe”».
Gli amori veri arrivano dopo. Jerry Calà è uno di quelli che lascia il segno: «Con Jerry si rideva tantissimo. Era ironico e infedele. Mi tradiva e tornava. Io per lui ero una mamma che lo perdonava sempre». Geloso? «Solo di Renzo». Con Arbore, spiega, «c’era stata una storiella anni prima». E per far impazzire Jerry, «facevo chiamare a casa un amico che imitava la voce di Renzo». Nel 1986 la storia con Calà finisce, e l’anno dopo arriva la relazione vera con Arbore. «Jerry non l’ha mai digerita». Ma anche con Renzo non mancano dolori: «Perdemmo un bambino a cinque mesi e mezzo di gravidanza. È stato un grandissimo dolore».

Il destino intanto la spinge verso la televisione. Una cena con Mimma Gaspari e Luca Giurato cambia tutto: «Mi affidò il Cruciverbone. Avevo più di quarant’anni e di solito prendevano ventenni. Monica Vitti mi sponsorizzava». Il grande salto arriva quando si accorge che in “Domenica In” nessuno voleva guidare la squadra: «Chiesi: “Scusate, ma allora chi conduce?”. E così toccò a me».
Anche Berlusconi incrocia la sua strada: «Mi corteggiò per anni per portarmi a Mediaset. E sì, mi voleva sindaco di Venezia». Ricorda l’intervista del 1995: «Domande in busta chiusa, scritte dai direttori dei giornali. Gliele feci leggere solo in diretta. Alla fine chiese di raccontare una barzelletta e durò altri 25 minuti. Gli dissi: “Lo sa che adesso mi licenzieranno?”. Lui rispose: “Da noi la aspettiamo col tappeto rosso”».
Le grandi interviste la portano ovunque. Glenn Ford: «Una villa vuota, silenziosa. Un ritratto di Rita Hayworth con una rosa fresca sotto. Attesi tre ore. Mi chiamò in camera. C’era odore di alcol, un letto sfatto. Era un uomo distrutto». Sharon Stone: «Al Caesars Palace. Doveva concedermi venti minuti. Restammo due ore a parlare di scarpe e gioielli. Voleva le mie scarpe».
Tony Curtis: «Mi dissero che non parlava mai della sua vita privata. Finì che mi raccontò la depressione nei minimi dettagli. E poi mi invitò a cena».
Oggi però il capitolo più dolce si chiama Nicola Carraro. «È il grande amore della mia vita. Ci fece incontrare Melania Rizzoli, ma c’entra anche Edwige Fenech». La cartomante di Edwige le aveva predetto un amore legato a mare e isole: «Pensavo fosse un tour operator. Invece era Nicola, che viveva alle Turks e Caicos».
Con Arbore, dice, «ci siamo lasciati amandoci. Ma l’amore finito è una cosa, la vita che cambia è un’altra. Oggi nel mio cuore c’è solo Nicola». Poi c’è l’amicizia, quella che resta: «Patty Pravo, Alberto Matano, Simona Ventura. Gli amici veri». E soprattutto c’è Mara, che dopo tutto questo riesce ancora a dire: «Ho imparato a stare bene anche da sola».







